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Il Berretto a Sonagli

 

(di Luigi Pirandello)

 

Regia di Fulvio Romeo

Stagione Teatrale: 2018/2019
Data Debutto: 17 Maggio 2019

PERSONAGGI e INTERPRETI

(in ordine di apparizione)

Beatrice Florica
Maria Sofia Romeo
Assunta La Bella
Elisabetta Di Vincenzo
La Saracena
Anna Genovese
Fana
Iolanda Saitta
Fifì La Bella
Carlo Palozzi
Ciampa
Fulvio Romeo
Caterina Spanò
Donatella Fabiani
Nina
Giusy Barone
Lucia
Carolina Trillò
 
SCENE, LUCI E SUONO

Andrea Nassi

Elisabetta Di Vincenzo

COSTUMI
Anna Genovese

ASSISTENTE ALLA

SCENOGRAFIA

Daniela Negrelli

NOTE DI REGIA

   

  La Compagnia Occhi di Gatto, dopo il successo della pluripremiata “La dodicesima notte”, porta in scena “Il Berretto a sonagli”, appassionato, ironico capolavoro di Luigi Pirandello.

  Beatrice, moglie del benestante Cavalier Fiorica, vive in un paese del continente, dove da tempo si è trasferita dalla lontana Sicilia; convinta che il marito la tradisca con la sposa del suo scrivano e conterraneo Ciampa, da poco assunto e, allontanato quest’ultimo con una scusa, contro l’opposizione di servitù e familiari, (lo zio Fifì, la madre Assunta), ne favorisce un incontro, per dimostrare la verità di tale tradimento, denunciando i supposti amanti all’amica Spanò, delegato di polizia.

  Ma il verbale che verrà redatto sarà negativo. Ciampa, scoperto quanto accaduto, però, non si accontenterà di un semplice “pezzo di carta”: vorrà la pazzia di Beatrice per dimostrare, in modo assoluto, che la sua “fronte è sana, libera e sgombra”.

  Questa la trama della commedia di cui, invero, esistono molti, infiniti piani di lettura.

  La relatività della contrapposizione tra follia e sanità:“solo due aspetti di un unico aspetto”.

  L’uomo, attento sola a ciò che superfluamente utile, come Fifì, o “fino di comprendonio”, come Ciampa, essenza della tradizione, dell’apparire, forma suprema di realtà, poiché “si” è ciò che “si” appare agli altri, anzi, ciò che “si” pensa ad essi appaia.

  D’altronde, “pupi, siamo” e non basta esserlo “per spirito divino”, perché ci “si vuole fare pupi per contro proprio”, perché non si è mai contenti della parte assegnata, perché si vuole muovere i fili del proprio pupo. E  i fili degli altri pupi.

  Ma nella commedia esiste un altro piano, poco frequentato: la condizione della donna: la sua volontà di riscatto sociale, di ribellione.

  Quella di Beatrice, ferita nella sua dignità dal tradimento che essa stessa vuole provocare, per dare corpo a ciò che è solo ipotesi, per tornare, di nuovo (o per la prima volta) libera.

  Quella della donna “comandata” come serva – Fana – che sa solo ciò che vede, ciò che sente e, infine, ciò che capisce o, ancora, quella della donna “comandata” come moglie – Nina, consorte di Ciampa – beffarda, possibile, fedifraga.

  Quella di Assunta, desiderosa di “mantenere l’abbondanza”, senza rischi o quella della Saracena, convinta di avere ridotto il marito a un cagnolino che la segue, della piccola Lucia, apparentemente indifferente alle ansie degli adulti.

  Allora, un riscatto improprio, anzi impossibile, quello di Beatrice perché “gli uomini vanno presi di fianco e non di fronte”, perché sono meritevoli solo di “una lezioncina” e non di altro.

  E la necessità di far riquadrare quell’equilibrio tra realtà e apparenza che Beatrice ha sovvertito, questa necessità assoluta che Ciampa richiede, imponendo la pazzia a Beatrice, la porta a quella sconfitta già annunciata dall’autorità (mediata) del Delegato Spanò (non a caso, qui, una donna, “la prima donna delegato della nazione”); ma l’indossare il berretto a sonagli della pazzia è solo una sconfitta apparente, perché quel berretto diviene uno strumento di libertà, come è apparente la sottomissione di Caterina ne “La bisbetica domata” di Shakespeare.

O forse no. E’ sconfitta e basta. La risposta allo spettatore perché non esistono risposte assolute, perché nulla è (mai) assoluto.

FULVIO ROMEO